Una carrellata in anteprima sui lavori in programmazione per l'annata 2016/17 nell'affermato spazio teatrale augustano, posto alla confluenza tra il territorio di Siracusa e il catanese.
Meriterebbe ancor maggiore valorizzazione, il nuovo Cineteatro Città della Notte di Augusta, una struttura all’avanguardia che vanta una sala multiaccessoriata da oltre 1.000 posti, sita in una posizione strategica della costa orientale sicula, che le ha consentito, nel recente passato, il mantenimento di una posizione esclusiva, per la possibilità di attrarre le grandi compagnie in tournèe, garantendo loro, nel contempo, il tutto esaurito.
Anche negli ultimi tempi di magra, il Città della Notte si riconferma protagonista, proponendo un valido cartellone, progettato in collaborazione con il Teatro in Primo Piano e il Teatro ABC di Catania, dove spiccano ottimi interpreti, riedizioni di classici della tradizione teatrale italiana e spettacoli di caratura nazionale, tutti legati tra loro dall’approfondimento del tema conduttore dei sentimenti e delle dinamiche familiari.
Si inizia con la passione devastante e mortifera de “La lupa”, atto unico di Giovanni Verga tratto dalla sua omonima novella (Vita dei campi, 1880), qui in scena con la regia di Guglielmo Ferro ed una somma Lina Sastri negli impegnativi panni della protagonista. La vicenda della madre single e mangia-uomini, che non esita a tradire pure la figlia, pur di concupire il giovane genero, fino al tragico esito, potrebbe forse suggerire la trita riproposizione di stilemi e movenze inattuali, di una Sicilia ormai dimenticata ed arcaica: ma recenti e tragici eventi all’ordine del giorno nella cronaca nera invitano a riflettere sui permanenti pregiudizi negativi gravanti sulle donne che, rivendicando soltanto libertà e autonomia nella conduzione del proprio privato, sono ritenute per questo pericolose corruttrici di regole morali tanto comuni quanto ipocrite.
Un’altra vita che consuma se stessa, stavolta in nome di un ideale, è quella narrata in “Modigliani” -alias Marco Bocci- rievocazione biografica con cui l’autore e regista Alessandro Longoni ha inteso restituire al grande pubblico l’essenza più profonda del geniale artista livornese, sfuggente e avulso da qualsiasi categorizzazione, spentosi prematuramente all’età di 35 anni. Timido e gracile nell’infanzia, Modigliani assume per sempre le vesti dell’artista ‘maledetto’ dopo il trasferimento nei quartieri di Montparnasse e Montmartre a Parigi, all’epoca centro del fervore culturale europeo, sotto l’egida di valori- guida quali libertà, bellezza, verità, amore: su un palco dove un velo di tulle valicabile sta a simboleggiare il diaframma che separa la realtà dal mondo dell’arte, creatività, sregolatezza e amori totalizzanti si intrecceranno nella vita del giovane Modì, con l’ultima romantica passione per la giovane Jeanne Hébuterne (Claudia Potenza), destinata a concludersi nel peggiore dei modi in uno straziante finale.
Ancora l’amore, inteso come puro sentimento tra giovani fidanzati, capace di vincere la grettezza dell’avarizia e le logiche affaristiche, è il nodo affrontato dall’ "Avaro" di Molière, nella versione ‘sicilianizzata’ di Enrico Guarneri. Questo cavallo di battaglia dell'attore adranita accomuna i rispettivi cartelloni di Città della Notte e del Teatro ABC, insieme ad altri due pregevoli spettacoli, entrambi liberamente ispirati alla trama dell’Orlando Furioso di L. Ariosto: “Furioso Orlando”, dove Stefano Accorsi tiene banco nel ruolo di guitto e cantastorie, con sceneggiatura e regia di Marco Baliani; e la novità assoluta de “L’Orlando Pazzo” di T. Mancuso, con Rosario Marco Amato in qualità di protagonista e regia di Antonello Capodici.
Il tono lieve e ironico di cui si nutre il capolavoro ariostesco, nella consapevolezza della vanità di ogni grande passione umana, è pure la cifra dominante di un’altra divertente commedia, con Gabriel Garko e Ugo Pagliai interpreti principali, e la partecipazione straordinaria di Paola Gassman: “Odio Amleto”, di Paul Rudnick per la regia di Alessandro Benvenuti. La trama della pièce sembra calzare a pennello all’esperienza vissuta dallo stesso Garko (il quale, infatti, riconoscendosi nella commedia, ne ha acquistato i diritti): un attore assai avvenente, che, in virtù del suo aspetto, è stato condannato a ricoprire sempre ruoli ‘leggeri’, da bello senz’anima, intende cimentarsi in un ‘must’ del teatro di tutti i tempi, il personaggio di Amleto nell’omonima tragedia shakespeariana. Ma l’imprevisto incontro con il fantasma di John Barrymore, l’attore passato alla storia del Novecento per le sue leggendarie interpretazioni dei drammi di Shakespeare, indurrà il protagonista a ricredersi, astenendosi per il futuro dal tentare ancora la strada dell’impegno, una volta compresi i propri limiti…
Si torna invece a parlare di legami familiari, convenzioni sociali e rapporti tra generazioni, nelle commedie “Bello di papà”, con Biagio Izzo protagonista di una sceneggiatura scritta, diretta e originariamente interpretata da Vincenzo Salemme; e “Quaranta ma non li dimostra”, di Peppino De Filippo, con Enrico Guarneri e la regia di A. Capodici. In entrambi i lavori siamo alle prese con difficoltà derivanti dal metter su famiglia, se questo comporta un faticoso processo di maturazione, da cui deriverà la definitiva rinuncia alle comodità connesse al proprio status di eterni ‘figli’; o con il grigiore associato a coloro che non hanno nemmeno provato ad uscire dal nido domestico per eccessiva devozione al nucleo familiare d’origine e malcelato timore nei confronti della vita adulta. Contrariamente a quanto sovente avviene nella realtà, attraverso gag e situazioni comiche, si arriverà ad una soluzione positiva dei problemi personali o almeno all’intuizione della concreta possibilità di una vita futura più felice.
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